Il caffè sospeso: da Napoli al resto del mondo

caffè sospeso

Il caffè sospeso è un’antica tradizione nata a Napoli che prevede di pagare due caffè e consumarne uno solo: quello in più potrà essere consumato da un avventore successivo qualora ne faccia richiesta, spesso perché povero. Antonio De Curtis, in arte Totò, ne fu un acceso sostenitore, tanto da lasciarne pagati fino a 10 al giorno.

Antica tradizione abbiamo detto, ma… quanto antica? Sulle origini di questa usanza ci sono due filoni; il primo la fa risalire al secondo dopoguerra, quando con la crisi anche un caffè per alcuni era divenuto un lusso e quindi grazie a un piccolo gesto di solidarietà anche i disagiati potevano godersi un attimo di “piacere nero bollente”, in pieno accordo con la tradizione partenopea di condivisione.

Il secondo filone, battuto dal giornalista Riccardo Pazzaglia, narra di come sin dagli inizi del ‘900 i gruppi di amici napoletani si trovassero tutti insieme al bar; al momento di pagare, nella confusione generale, di solito si pagava un caffè in più. Anziché chiedere i soldi indietro, si lasciava un caffè in sospeso per chi sarebbe arrivato dopo.

Che sia l’una o l’altra l’origine di questo fenomeno, certo è che si è allargato fino a riguardare pasti per gli indigenti (Rotary Club di Monza), prestazioni sanitarie per chi non se le può permettere (Banca delle Visite pugliese), fino alla cultura. Al Museo di Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli nel 2016 erano disponibili dei biglietti pagati, perché l’arte nutre lo spirito ed è anch’essa un bene prezioso.

Due librerie hanno poi diffuso il fenomeno del “libro sospeso”, una a Palermo, l’altra a Polla (nel Cilento), a partire dal 2010.

Dall’Italia la moda del “bene sospeso” è uscita dall’Europa. Sono nate così l’empanada pendiente (fagottino di pasta ripieno di carne, specialità locale) in Argentina, per chi fatica a mangiare regolarmente per via della povertà; i cinesi, invece, grazie a WeChat (servizio di chat instantanea) possono offrire un caffè agli amici da consumare in un qualunque punto vendita Starbucks – un’operazione di marketing più che un’iniziativa filantropica.

Che il caffè sospeso sia divenuto un vero e proprio fenomeno di costume è testimoniato dall’omonimo libro di Luciano De Crescenzo e dal recente film documentario “Caffè sospeso” diffuso su Netflix dallo scorso maggio.

In due bar milanesi è stato poi introdotto il “caffè sospeso per single”; su iniziativa del sito di incontri online Meetic, quindi, oltre al caffè pagato, chi voleva lasciava un messaggio personalizzato con annotati nickname e una breve descrizione personale.

Quel che è certo è che bere un buon caffè a casa come al bar o durante il coffee break in ufficio è un piacere talmente irrinunciabile che chi non può permetterselo viene visto come uno sfortunato da aiutare; perché il caffè è davvero sinonimo di felicità.

 

 

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